“Vita dei Campi” raccoglie novelle in cui l’ambiente descritto è la Sicilia umile dei pescatori, dei contadini, dei pastori e dei minatori, personaggi che a stento riescono a sopravvivere del loro lavoro, un universo di protagonisti infelici che rispecchiano la concezione tragica e dolorosa che Verga aveva della vita: ribellarsi per cercare la felicità portava solo a una vita peggiore di quella da cui si tentava di fuggire.
Il tutto narrato in un tempo indefinito, ambientato in luoghi cupi come l’esistenza dei personaggi, sempre con la presenza di un dominatore, un mediatore a coordinare la storia e un “vinto”, un perdente, vittima della società e dei suoi pregiudizi.
Giovanni Verga (Catania, 2 settembre 1840 - Catania, 27 gennaio 1922) nasce da una famiglia di nobili di provincia con scarse risorse finanziarie, costretta a ben comparire data la posizione sociale. Sembra la famiglia tipica uscita dai suoi romanzi.
Verga è stato considerato il maggior esponente della corrente letteraria del Verismo.
Si ispirò al Naturalismo francese che metteva al centro della narrazione la rappresentazione della realtà popolare, ma mentre i naturalisti erano convinti che con la letteratura potessero cambiare la realtà, esprimendo giudizi e punti di vista sui fatti narrati, Verga era pessimista, non dava mai opinioni personali all’interno della narrazione e credeva che la realtà non potesse essere modificata.
A questo filone narrativo appartiene il “Ciclo dei Vinti”, di cui fanno parte “i Malavoglia” e “Mastro Don Gesualdo”.
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