Padova, sede di una rivista. La novità di quel sette gennaio è l’arrivo di Elisabetta Costa, giornalista e scrittrice dalla carriera promettente. Il perché abbia abbandonato entrambi i ruoli che ricopriva nella redazione di Vicenza per occuparsi della segreteria a Padova è un mistero per tutti che lei non intende svelare. Elisabetta non ha problemi ad ambientarsi, ma una new entry scuote la routine dell'ufficio segreteria e di quello dirimpettaio occupato dai grafici: dalla sede di Vicenza arriva anche Alessandro Visentin, giovane e affascinante grafico trentenne. L’imbarazzato stupore iniziale, il disagio e il gelo poi, non lasciano dubbi che i due si conoscono già. Tra qualche frase di troppo, ricordi invadenti e scheletri nell’armadio, Elisabetta si vede costretta a fare i conti con se stessa e con le tante schegge che la compongono: la donna riservata che non parla di sé, la scrittrice che non ha più parole, l’ostinata custode di un passato da rinnegare o abbracciare.
Maria Capoluongo è nata a Padernello, un piccolo paese alla periferia di Treviso, il 20 ottobre 1992. Da sempre amante della letteratura, fra i banchi del liceo scientifico ha iniziato a coltivare nel riserbo la passione per la scrittura, che l’ha portata qualche anno dopo a esordire con l’opera poetica Un mazzo di versi (Montag, 2016). Quando non scrive, Maria esercita la professione di Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva. L’infinito non è una poesia di Leopardi è il primo romanzo che pubblica.
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