Le poesie di questa raccolta si differenziano per temi e stile. Leggendole si intuisce la confidenza dell’autore con metrica, ritmica e sonorità, e la dimestichezza nello scandire il ritmo, attraverso un filo che riconduce a una verità personale, a spaccati di vita raccontata nuda e senza orpelli.
La malinconia, una certa tristezza e una nota amara, quasi di rimpianto, sono compagne che incontriamo spesso tra le pagine.
Le parole di Fabio ci guidano attraverso tempo e spazio, stagioni e stati della Terra e dell’animo, tutto conservato come vecchie fotografie: d’altronde il titolo della raccolta, Dagherrotipi, promette già dall’inizio un rimando a qualcosa di intimo e antico, di malinconico e suggestivo. Qualcosa che sfugge al tempo ma che, in qualche modo, del tempo racconta e nel tempo rimane.
Mi chiamo Fabio, mi sono formato in ambito umanistico (filologia romanza) e ho frequentato corsi di scrittura creativa.
Da subito ho sviluppato la passione per la parola.
Mi dedico alla scrittura a scopo “terapeutico”: forse abbandonare al foglio il verso e lasciare che altri lo leggano è come cedere un peso modesto, sperare che l’altro accolga sulle spalle una piccola parte (sopportabile) di un eccesso (di pensieri, di fragilità, di malinconie).
Un lieve sadismo, far sì che il peso sia condiviso.
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