Narrami l’uomo d’ingegno molteplice, o Musa,
che tanto errò, poi che distrusse la rocca di Troia divina,
vide molte città, di molti uomini l’indole seppe,
e assai patì pel mare, cercando com’egli e i compagni
salva potesser la vita serbare, e tornare alla patria.
(Odissea, Canto I, versi 1-5)
Forse discendente di Orfeo, forse figlio della ninfa Creteide, Omero è il poeta a cui vengono attribuiti i due grandi poemi classici L’Iliade e L’Odissea, che raccontano, il primo la lunga guerra fra i Greci e i Troiani e il secondo le peripezie di Ulisse per tornare in patria.
Il suo nome potrebbe derivare da ὁ μὴ ὁρῶν (ho mè horôn) «colui che non vede» e il cantore Demodoco descritto nell’VIII canto dell’Odissea potrebbe essere un autoritratto del poeta.
Come le origini, incerti sono anche il periodo in cui Omero visse e il luogo di provenienza. Furono infatti ben sette le città che si contesero la sua nascita: Smirne, Chio, Colofone, Itaca, Pilo, Argo e Atene.
A Chio nacque un culto speciale per Omero con la fondazione della scuola degli Omeridi, che erano cantori ufficiali dei suoi poemi e vantavano una discendenza diretta con il poeta.
In uno degli inni omerici leggiamo: «O fanciulle, chi è per voi il più dolce tra gli aedi / che qui sono soliti venire, e chi è il più gradito?» E voi tutte risponderete: «È un uomo cieco, e vive nella rocciosa Chio: tutti i suoi canti saranno per sempre i più belli.» (Inno ad Apollo, versi 169-173)
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